Il pistolero Abel, la bandiera bianca e il riposo sul petto del Maestro

Sociedad · Pierluigi Banna
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23 abril 2024
«Scoprire che non sei all’altezza, questo fa paura». A pronunciare queste parole è il protagonista dell’ultimo romanzo di Baricco, l’impavido pistolero Abel Crow. Egli confessa al suo maestro di provare un inestirpabile residuo di paura: è come una pietra che cerca di nascondere al fondo di sé, con scarsi risultati.

Con la paura di non essere all’altezza tutti, prima o poi, ci hanno fatto i conti. Dal bambino che inizia a sentire sulle piccole spalle il peso delle aspettative degli adulti, all’anziano che si sente di peso in una società in cui c’è poco posto per lui, passando per i più giovani che temono sempre più spesso di essere sbagliati e inadeguati a questa vita.

Questa paura può depositarsi come piombo al fondo dell’animo fino a renderci duri e spietati con quelli di cui temiamo il giudizio, perché questo giudizio potrebbe mettere a nudo la nostra clamorosa vulnerabilità. Allora, per difenderci dalla potenziale minaccia dell’altro, si arriva a colpirlo preventivamente, senza neanche guardarlo in faccia, come realmente fa nella sua vita Abel. Lo fa non tanto per attaccare, quanto per difendersi, quasi istintivamente, dalla paura di non essere all’altezza. Forse proprio in questo sentimento risiede l’origine di tante contrapposizioni a diversi livelli (dalle persone più care, al lavoro, fino ai conflitti mondiali), di cui tutti siamo tristemente spettatori più o meno coinvolti.

Se pure tanti desiderano la pace per questo genere di conflitti, perché quando il Papa ne parla viene quasi deriso? Una risposta potrebbe essere che proprio questa paura domina inconcussa nel profondo, riuscendo ad avere quasi sempre l’ultima parola. Per questo risulta ai più quanto mai scomoda l’espressione di Francesco sul «coraggio della bandiera bianca».

Ma, allora, cosa può realmente sciogliere la paura? Giovanni Crisostomo racconta che durante l’ultima cena tutti i discepoli erano pervasi da un senso di timore, se non di sospetto, poiché Gesù aveva annunziato che uno di loro li avrebbe traditi. Proprio in questo contesto, il vescovo coglie un gesto che placa lo sconforto: Gesù lascia che il discepolo amato adagi il capo sul suo petto. Scrive il Crisostomo: «Mentre tutti erano turbati e ansiosi e lo stesso Pietro temeva, Giovanni, quasi lieto, se ne sta appoggiato sul petto di Gesù, e non soltanto sta appoggiato, ma riposa».

In mezzo al timore generale, la paura di Giovanni è sciolta da un abbraccio che penetra fino alle viscere e anticipa, con un gesto di estrema tenerezza, quel perdono che sarebbe stato offerto a tutti, anche se avessero tradito. Quel semplice gesto fa crollare la vergogna di mostrarsi fragili e la paura di non essere all’altezza della situazione.

Solo allora, solo quando ti abbandoni disarmato a un abbraccio che anticipa il perdono, qualsiasi cosa possa accadere, il giudizio dell’altro non ha più il volto minaccioso del nemico. Come Giovanni avrà guardato i suoi confratelli, da quella particolare posizione? Come i discepoli si saranno guardati tra di loro, vedendo Giovanni così in pace e lieto? Più profondo è l’abbraccio in cui sprofondi, più ti incomincerai a chiedere come anche la fragilità del fratello, diverso da te, possa essere abbracciata, come lo è stata la tua. E magari, mentre te lo chiedi, ti sorprendi di nutrire una certa simpatia nei confronti dell’altro, non tanto per quello che ha fatto o potrebbe fare, ma per il semplice fatto che c’è. Da questa simpatia, più profonda del sospetto e della divisione, può persino scaturire all’improvviso la grazia di tendere la mano al nemico, per affermare un’esperienza che ci accomuna prima del nostro effettivo accordo: io e te abbiamo bisogno di qualcuno, quel maestro, su cui poggiare il capo.

D’altra parte, anche nel romanzo di Baricco, la paura di Abel si scioglie, non appena lascia che la sua testa teneramente affondi nel petto del maestro. Non so se l’autore torinese avesse presente la scena evangelica del discepolo col capo reclinato. So di certo che per ogni persona a questo mondo l’inizio della pace, personale e sociale, può venire dal trovare una presenza su cui finalmente poter poggiare il capo. È una grazia, perché è davvero raro incontrare una persona che non ci giudica e non fugge davanti alle nostre fragilità, ma le avvolge con un calore misterioso, in grado di sciogliere ogni paura di essere all’altezza per farci sentire già perdonati.

È sempre una sorpresa quando, ancora oggi, si trovano cristiani che parlano così del loro rapporto con Cristo, come di una presenza amata su cui poter appoggiare la propria vita ancora oggi, come un tempo lo fece Giovanni. La novità dell’annuncio di Pasqua, forse, proprio in questo tempo, potrebbe risuonare come l’inaspettata testimonianza di un uomo che va incontro al proprio nemico a dirgli: «vieni, ho trovato il maestro dove anche tu puoi appoggiare il tuo capo».

 

L´Osservatore Romano


Legge anche: In Giussani non c’è contrapposizione tra soggetto e autorità


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