La sfida della DANA
La realtà, ancora una volta, ha bussato alla nostra porta in modo drammatico. La DANA, l’alluvione che ha colpito Valencia il 29 ottobre scorso, ci scuote nel profondo, come durante il Covid. Eventi di questo tipo non ci lasciano indifferenti. La loro virulenza risveglia le domande più profonde e «ci obbliga a tornare alle domande» (Hannah Arendt).
«La tragedia di Valencia —ha scritto Pedro Cuartango, ex-direttore de “El Mundo” — solleva interrogativi sulla vulnerabilità della condizione umana, sul nostro modo di vivere e sul ruolo del caso». Siamo di fronte a un’occasione per prendere coscienza di noi stessi, per scoprire l’esigenza di significato che ci spinge a chiederci: “Perché?” I colpi della realtà sono ciò che fa espandere lo sguardo e allargare la ragione. Solo chi accetta la sfida, senza voler chiudere immediatamente la ferita subita, può cercare una risposta all’altezza della propria ragione.
Di fronte a una cosa del genere si scopre il cammino che ognuno ha percorso nella vita. In questi giorni, parlando con alcuni amici, mi hanno detto di essere sconvolti e disorientati da quanto accaduto. Chiedevano aiuto per affrontare la situazione. Ho chiesto loro cosa avessero imparato con il Covid per affrontare la DANA. La vita ci mette alla prova quando ci sfida di nuovo. È inutile perdere tempo con discussioni sterili che ci distraggono e giustificano la nostra incapacità di guardare la realtà. Come ha sottolineato Fernando Vallespín in El País: «Uno dei grandi mali del mondo contemporaneo è che non sappiamo cosa fare con la sofferenza (…) Molte forme di trovare rifugio e conforto si sono sgretolate».
E se questa fosse un’occasione per affrontare questa situazione di impotenza e trovarci in migliori condizioni per le prossimi sfide? Si sono sgretolate molte convinzioni che ci permettevano di affrontare la sofferenza. Ci siamo resi conto che non erano sufficientemente radicate in noi. Non hanno resistito al passare del tempo né ai cambiamenti storici. Nemmeno le grandi convinzioni ereditate dal cristianesimo hanno tenuto, come dimostra la secolarizzazione.
Per questo, questa nuova circostanza ci richiama alla provocazione di Eliot: «Dov’è la vita che abbiamo perso vivendo? / Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo?». Se la vita non è un’opportunità per crescere e aumentare la nostra consistenza, la perderemo vivendo. Saremo più deboli e più indifesi di fronte alle sfide future. Maggiori conoscenze non accresceranno la saggezza indispensabile che ci rende protagonisti della nostra stessa vita, che ci permette di non essere in balia di un’inondazione. Nella nostra esistenza ci sono molte cose che non ci vengono risparmiate. Ciò che conta è se in momenti così acquisiamo una maggiore consistenza personale. È l’unica prova che non perdiamo la vita vivendo.
Quale contributo siamo chiamati a dare noi cristiani in questa nuova situazione? Dimostrare che è possibile vivere da protagonisti di fronte alle sfide che condividiamo con tutti, usando la ragione, senza fughe pie o devote. La sfida è offrire una testimonianza e mostrare che “La fede è razionale, in quanto fiorisce sull’estremo limite della dinamica razionale come un fiore di grazia, cui l’uomo aderisce con la sua libertà” (Giussani). Niente fughe irrazionali. Solo in questo modo potremo affrontare le sfide come occasione di crescita personale, diventare sempre più adulti e non rimanere paralizzati dalla paura e dall’inconsistenza di un uso ridotto della ragione. Così si potrà vedere che il cristianesimo è qualcosa di umanamente conveniente che attrae e sfida la libertà. Un’esperienza che incita a cercare il cammino per raggiungere la solidità desiderata da tutti. Per questo, la secolarizzazione è una grande opportunità. Non ci permette di dare nulla per scontato. Ci invita a tornare all’origine: «Ciò che hai ereditato dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo» (Goethe). Il cristianesimo sarà interessante solo se genererà un’esperienza segnata da ciò che Agostino di Ippona chiamava «un fascino vincente». È la stessa esperienza che ebbero i discepoli di Gesù quando, meravigliati dalla novità, dicevano: «Non abbiamo mai visto nulla di simile». Chissà se nella nostra umanità, scossa dalla DANA, si risveglierà il desiderio di seguire quella novità?
Articolo pubblicato su ABC
Legge anche: Abitare il nostro tempo
Segui gli articoli più importanti della settimana di Páginas Digital su X!
Ricordati di iscriverti alla newsletter di Páginas Digital