Io andrei con te

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16 septiembre 2022
Dialogo di don Julián Carrón con un grupo di ammalati

Sara: Io sto per compiere 20 anni il 24 agoto e da luglio del 2021 sono stata ricoverata a Ravenna per curare una leucemia e ho finito il 3 maggio i ricoveri e adesso mi aspettano due anni di mantenimento di farmaci fatti a casa e in day hospital e l’unica cosa che posso dire in questo momento è che fisicamente sono un po’ affaticata, un po’ stanca, anche oggi sono tornata dall’ospedale verso le 16.30 dopo tutta la mattina in ospedale, peró sono molto contenta in realtà. Sono molto grata per tutto quello che ho incontrato perché riconosco che sono cresciuta tanto e che – lo dicevo ai miei amici in questi giorni – ogni tanto qualcuno mi chiede se cambierei questo anno e mi ritrovo adesso con una certezza enorme a dire “Assolutamente no”.

Certo, non sono contenta di essere ammalata, se no sarei un po’ da psichiatria, peró sono proprio contenta di quello che ho incontrato perchè ho visto concretamente, attraverso dei fatti, delle evidenze concrete, che comunque Qualcuno c’è. Poi la sfida della vita credo che sia riconoscere Chi è. Non lo capisco ora, lo capiró magari tra quarant’anni, peró mi è chiaro che sono strumento di qualcun altro, e banalmente l’ultima cosa che dico è che nell’ultimo periodo ho fatto questo file nel telefono che ho intitolato “Evidenze”, che sono quier fatti o quei punti chiari che mi sono successi, come per esempio il rapporto con una mia ex compagna di classe, come puó essere questa messa, come possono essere cose che mi sono successe anche in ospedale con pazienti, compagni di stanza, infermieri, davanti ai quali io non riesco a mettere in dubbio quelle cose. Mi rendo conto che è semplicissimo anche davanti all’eccezionalità dimenticarsi di tutto, e dire che non c’è stato niente, che è tutta un’illusione, ma davanti a queste cose qui ho proprio la certezza che c’è qualcun altro, che c’è qualcuno. E vi racconto solo un fatto successo recentemente, che avevo intenzione di raccontare prima o poi, sono stata al Campo (vacanza) del CLU di Bologna una settimana fa e ho reincontrato quest’amico che faceva GS con me, e su di lui ho sempre avuto un pregiudizio enorme, perchè mi sembrava il classico tipo che si fa vedere, che si mette in mostra, e in vacanza dopo una passeggiata ci siamo ritrovati a pranzare insieme e non avevamo mai parlato seriamente e lui mi ha fatto una domanda sull’amicizia. Mi ha chiesto: “Alla luce di quello che ti è successo, chi è per te l’amico?”. Ci siamo messi a parlare tanto che poi si è aperto talmente tanto che ci siamo ritrovati in camminata per ritornare all’hotel, abbiamo preso una navetta, lui poteva benissimo andare a piedi e mi ha detto: “Vengo in navetta perchè voglio stare con te”. E abbiamo passato gli ultimi giorni della vacanza insieme a parlare, tanto che ora in questi giorni ci siamo chiamati e lui mi ha proprio detto: “Mi rendo conto che davanti a te riesco ad aprire il mio cuore e ho riscoperto chi sono gli amici in questi giorni”. E mi ha stupito un sacco perchè io ho sempre avuto un pregiudizio su di lui e invece vedi come il Mistero ti viene a prendere così di sorpresa, quando meno te lo aspetti. (min 7.10).

Don Eugenio: grazie Sara! Rosa, gestisci tu adesso.

Laura: ti ripeto quello che ti ho scritto tramite don Eugenio, e era solo questo. La possibilità di ringraziarti, perché se io oggi posso guardare la mia vita e quella di Alfredo con speranza e anche lietamente nonostante tutto, è solo per il percorso di autocoscienza che tu mi hai aiutato a fare almeno dal 2010 , almeno ricordo questa data del 2010. Grazie a questo perorso io ogni giorno guardo la realtá come amica, non più come qualcuno che mi sta fregando o una circostanza che mi sta togliendo qualcosa. Ed è un’amica proprio perché andando a fondo alla mia umanità riconosco Chi corrisponde al mio cuore, ed evidentemente non sono le mie immagini che avevo sulla realtá, sul matrimonio, sui figli, su tutto… e quindi così come già ti ho scritto, solo questo mio io consapevole, risvegliato dall’incontro con Cristo, che non posso piú ingannare accontentare con meno dell’incontro con Lui, è ciò che mi consente di stare nella realtá desiderando e cercando lui, perchè è l’unica cosa che in fondo mi ridona una cosa che non genero io, che è quella letizia e quella gratitudine di cui dicevo.

E aggiungo solo una cosa che è successa domenica, velocememente. Era sant’Alfredo e avevamo pensato di passare la giornata con degli amici e invece durante la notte Alfredo ha avuto dei problemi di saturazione, e io mi sono ritrovata la mattina a desiderare di fare altro rispetto al fatto di dover stare a casa invece, da soli, perchè c’era questa problema. E ho rifatto per l’ennesima volta questo percorso di cui ti ho scritto: un po’ come il figliol prodigo, ho desiderato un’altra cosa rispetto a quella che avevo da vivere, ho desiderato andare via da questo padre, seguire i miei desideri, e quando mi sono trovata da sola al fondo di questa situazione, domenica, ho rifatto tutto il percorso e ho fatto memoria di che cosa realmente mi rende lieta, di quali sono stati i momenti in cui realmente la realtá mi corrisponde. E l’ho fatto come tante volte tu stesso hai descritto la questione del figliol prodigo: tornando in me stessa, e in quel me stessa avevo un padre da cui tornare. Avevo la mia casa, la mia situazione, da cui tornare e da cui riprendere a essere lieta ancora una volta senza doverlo generare io. E questo è quelloc che volevo dirti, per ringraziarti, di cuore.

Julián: Salve a tutti, buon pomeriggio. Sono felice di poter condividere con voi questo momento di dialogo. E ti ringrazio Laura perchè anche se non ci conoscevamo di persona mi ritrovo completamente in quello che descrivi. Come io ho condiviso con voi il mio percorso che senza sapere di te ti ho accompagnato, così continuiamo a accompagnarci, ciascuno vivendo il proprio sìa lla modalità con cui il Mistero ci chiama. Io sottolineo ogni riga di quello che hai detto perché per me è stato così. La realtá è stata quella che mi ha costretto a fare questo percorso che tu hai descritto, non rimanendo nella superficie delle cose. In questo senso qualsiasi aspetto della realtá è stato amico perchè mi ha costretto a andare fino in fondo e a riconsocere Colui che era al fondo della realtá e che la riempiva con la sua presenza, come ha fatto il Figliol Prodigo. Solo rischiando così, anche sbagliando come ha fatto lui, ha potuto capire fino in fondo cosa era lui, cosa in fondo era la natura del suo bisogno, e questo gli ha fatto capire di chi aveva bisogno, e torna a casa, da dove era uscito perché gli stava stretta, come al luogo in cui poter riposare e essere abbracciato dal padre. Questa è un’esperienza che ciascuno può fare in qualsiasi situazione si trovi se non si ferma solo all’apparenza, come tu ci testimoni, e io ho dovuto riconoscere perchè io non vi ho detto altro nella vita che quello che imparavo attraverso le sfide che la realtá non mi risparmiava e non mi risparmia. Grazie. (13.40)

Rosa: Perdonatemi che mi ero dimenticata di mandare il link a Paola, glielo stavo mandando. Genna.

Genna: 3 anni fa, nel giro di una settimana, sono stato ricoverato e operato al cervello. Poi sono stato due anni in ospedale dove praticamente non ricordo nulla, peró il problema è che quando sono tornato a vivere il quotidiano l’unica cosa che riesco a fare è essere incazzato. Praticamente è come se mi fossi risvegliato in un’altra vita. Sei mesi fa sono entrato nel gruppo dei Quadratini e ho pensato per un bel po’, ma non per poco tempo, che dietro questi Quadratini c’era una maschera, perchè non è possibile sentire queste testimonianza o partecipare a questa messa, che è veramente difficile, perché tra tutti quanti praticamente sono quello piú sano, per cui alla fine è veramente dfifficile stare di fronte. Finché ho iniziato a incontrare delle persone che vedevi che quello che c’era dietro il Quadratino era vero. Poi c’è sempre il fatto di vivere da incazzato e prendersela con la moglie che praticamente mi ama follemente e i figli che praticamente non mi fanno mancare niente, tutte queste cose qua, io ancora oggi faccio fatica ad accettare la mia situazione in sedia a rotelle. Peró voglio fare un passaggio: quando apro gli occhi, praticamente, la prima cosa che faccio è mandare un saluto a questi amici, perché ormai li ritengo tali, dei !uadratini, dalla battuta alla cosa piu seria, o raccontare un mio disagio… poi come ogni tanto don Eugenio mi chiama il coglione, riesco a fare il coglione sempre, perchè alla fine lo ero prima dell’operazione e lo sono maggiormente ora. Peró Julián, oggi ho pensato cosa raccontarti, cosa dovevo raccontarti, poi mi sono detto: “Julián è un altro Quadratino che vive con noi”, perché alla fine siamo tutti proiettati a questo compimento, come dice don Eugenio in maniera molto chiara, ed è una cosa che ti fa pensare, perché questo compimento, anche se a volte io faccio fatica a capirlo, sicuramente è un cammino verso Cristo, per cui ringrazio questi Quadratini e la mia famiglia che mi fanno pensare che un giorno potró essere meno arrabbiato. Tutto qua.

 

Julián: mi colpisce che ci troviamo davanti a una situazione come questa, che il Mistero non ci ha risparmiato, e il fatto che uno possa essere cosí incazzato… cosa sarebbe la vita se noi non potessimo aprirci a una possibilitá, che ritenevamo all’inizio impossibile, di compimento? Tu puoi immaginare che la vita fosse stata come quello che ti è capitata e tu non avessi la possibilitá ogni mattina, incazzato o meno incazzato, riposato o meno riposato, di compimento? Gesú non ci ha risparmiato niente, non ci ha promesso di risparmiarci niente di quello che capita agli altri. Avremmo potuto subire una situazione cosí senza la grazia di averLo incontrato, di aver incontrato un Luogo dove la vita possa avere costantemente la grazia di essere abbracciata. Per questo la parola compimento si riempie di significato, non perché io devo semplicemente aspettare di sistemare la mia malattia. Mi stupisce che tante persone possono sistemare la loro situazione ma non per questo sono piú contenti, se non ritrovano quel compimento che solo ci dá Cristo. Questo poter usare, come diceva prima Laura, tutta questa sfida per ritornare da Lui, mi sembra che è la cosa piú spettacolare che ci è capitata e che ci continua a capitare, per cui ciascuno di noi aprendo gli occhi al mattino si trova davanti a questa possibilitá. Io, come te, non potrei sopportarmi se non facessi memoria di Lui, se non aprissi costantemente e non meccanicamente, se non decidessi ogni volta di lasciarlo entrare nella mia vita, perchè sarei anche, come te, incazzato nero. Invece la possibilitá che si apre ogni giorno davanti a noi è lasciare entrare una presenza che puó riempire la vita di questo compimento che ciascuno di noi desidera. Grazie. (19.53)

Tiziana: Buona sera a tutti.

Julián: Ciao Tiziana

Tiziana: Ciao, sono Tiziana, ho 40 anni, sono friulana. Grazie al Covid sono amica dei Quadratini, da un anno e mezzo,due, quindi ringrazio anche questo e desidero raccontare una cosa che mi ha cambiato in questi anni. La mia malattia è una malattia incurabile, per cui non posso avere figli, con un ritardo di diagnosi di 23 anni, e è una malattia che mi ha un po’ devastato gli organi interni. Non c’è cura, quindi anche se si opera torna: non so se l’avete mai sentita ma si chiama endometriosi, allo stadio piú grave, che tante volte mi costringe a letto.

Voglio raccontarti questo che è successo a mio papà: ha fatto un incidente ed è caduto, ha picchiato il collo, è rimasto praticamente senza l’uso delle braccia ed è da cinque mesi in ospedale. Tornerà a casa a settembre in carrozzella e tetraplegico, quindi funzionerà solo mezzo braccio sinistro e basta.

Ma la cosa più bella è che, quando è rimasto senza l’uso delle braccia, io chiedevo di andargli a andare da mangiare, alle 18.30-19.00, e ho visto Cristo. Ho visto un uomo in croce, che doveva abbandonarsi e abbandonarsi agli altri, quindi mi ha aiutato anche a me a abbandonare tutte le mie paure, insicurezze, paranoie. Dal momento in cui è successo questo, questo ha cambiato tutta la mia vita. È cambiato il rapporto con mio papà, si è intensificato, ho visto cambiare il rapporto tra i miei genitori, ho visto una tenerezza che prima non c’èra. Dopo cinquant’anni di matrimonio non è scontato. Ho proprio visto questo: ma come fa un uomo a letto, immobile, fermo, che non può fare niente, non può fare videochiamate, è dipendente, è costretto a dipendere dagli altri, a cambiare così i rapporti e la mia vita? Se non è Cristo questo, non so cosa sia. È grazie anche a questa strada qui che ho potuto vedere questo sguardo e avere questa cosapevolezza e portarla poi nella mia vita. Adesso sono curiosa di vedere come lui tornerá a casa e come saranno i rapporti a casa, che non è scontato neanche questo. Vi volevo ringraziare tutti perchè per me siete tutti padri e fratelli e davvero è bellissimo vivere così.

Una cosa che hai detto tu ora, della malattia: non ho mai chiesto la cura, non ho mai chiesto al Signore che mi faccia la grazia della guarigione, perchè grazie alla malattia ho scoperto che tante cose non sono scontate. Il rapporto con mio marito, il marito che ti aiuta, tanti amici che si sono vicini, il lavoro che puoi fare… non so, una cosa piccola grazie alla quale oggi reiesci a fare un passo in più… è proprio una grazia, e il papà anche in questo mi ha aiutato a vedere l’essenziale delle cose, le cose fondamentali e ció che conta e lasciare stare, cioè trattenere ciò che vale e il resto fuori.

Julián: Posso farti una domanda, Tiziana?

Tiziana: certo!

Julián: Cosa rende possibile l’abbandono? Perché tutto è cominciato con te e tuo padre abbandonandoti a un altro.

Tiziana: Siamo abituati a voler fare da noi stessi, con il nostro orgoglio… peró dobbiamo riconoscere che non siamo capaci di fare una mazza senza il Signore, zero. Siamo capaci solo di arrabbiarci, incasinarci la vita, cioé dare per scontato tutto. Tutti i rapporti, prima della malattia, erano scontati. È uno struggimento che ti viene da dentro, non so come spiegare. Una cosa che ho visto è mio papá che si è abbandonato e mi sono detta: perché non lo faccio io se lo fa lui, in una condizione di vita che non ha scelto lui? E mi ha richiamato a questo, so che non è facile.

Julián: c’è una scelta, una libertá che si deve mettere in moto, no? Perchè uno potrebbe, davanti a una situazione inguaribile, incaponirsi davanti a quella come tante volte ci capita, oppure apririsi a un’altra possibilitá che è sempre tra le nostre mani; perché altrimenti uno dovrebbe sempre subire una situazione che è quella che descrivi, o che ciascuno puó pensare di se stesso.

Ma non c’è, è quello che mi stupisce sempre davanti a queste situazioni: non c’è situazione che noi siamo chiamati a vivere che non abbia un’altra possibilitá, che è quella che tu hai descritto. Ma questa è un’apertura che solo può avvenire liberamente, se uno si apre a questa verifica che tu hai descritto, e quindi puó sorprendere che quando uno si apre e vede che cambiamento occorre uno puó iniziarsi a guardare con questa tenerezza che rende la vita totalmente diversa. A me sempre mi colpisce questa opportunitá che ogni aspetto della vita puó avere, ma che nessuno ti puó costringere, puoi avere tutte le ragioni per continuare a essere chiuso, a essere incazzato, come dicevi prima tu, ma nessuno puó impedirti di aprirti a questa possibilitá, e chi si apre comincia a vedere il centuplo. “Chi mi segue, avrá il centuplo quaggíu”, tanto è vero che questo centuplo prevale persino sulla religione, perché dice che tante persone non hanno nessuna malattia e possono essere assolutamente incompiute.

Per questo vi ho parlato tante volte del decimo lebbroso perché è l’unico che si é accorto che non bastava non avere la lebbra per essere contento. È tornato perché si è reso conto che qui la diversitá non stava nell’essere ammalato o sano, semplicemente, ma nell’avere Lui che cambia la vita o no; perchè tanti non hanno la lebbra, ma non avevano capito, gli altri nove, che la cosa piú bella non è semplicemente la guarigione, era Lui. È così come possiamo scoprire attraverso tutte queste situazioni chi è Cristo per la vita. Non è semplicemente una lezione su Cristo, tanti parlano di Cristo. Ma chi ha visto, mi domando tante volte, chi ha visto che ha bisogno di Cristo per vivere? Voi tutti. Questa è la grande differenza, e per questo appena tu lo vedi in tuo papá cominci a capire che Cristo acquista una densitá solo nel dire il suo nome e riempirti di questa commozione davanti a Lui che paradossalmente è la strada scelta da Lui per farsi conoscere e riconoscere la Sua presenza. Grazie Tiziana. (28.30)

Tiziana: Grazie a voi.

Letizia: Ciao Julián. Io dico brevemente: è la seconda volta che mi trovo con un tumore addosso nel giro di tre, quattro anni. E anche se la prima volta è stata la scoperta di una preferenza, questa volta non ne avevo veramente voglia, ho anche pensato a un certo punto che Dio ce l’avesse un po’ con me, che ero di testa dura, non avevo imparato la lezione, non avevo capito niente. Ma la coincidenza con le vicende del Movimento mi ha costretto ad accorgermi che veramente Cristo fa di tutto perché mi accorga di Lui e per farmi capire come per Lui io sono unica.

Tutto ció che in questi anni tu ci avevi ripetuto sul cuore, sulla libertá, che ce l’hai detto in modo impressionante, la raccomandazione che don Giussani stesso mi aveva fatto quando ci avevo parlato, che “l’importante nella vita è essere veri”, questa volta sono diventati una strada percorribile, non un dubbio su di me o sulla realtá. La messa al di lá delle mie aspettative, perché mi sembrava una cosa difficile da reggere, anche per tutti i motivi che hanno detto gli altri, mi ha di giorno in giorno richiamato a riprendere l’unica cosa necessaria di cui avevo bisogno per vivere, senza aggiungere altro. Così veder morire e vivere amici in modo così bello mi ha fatto capire quello che tu una volta dicevi: “L’unico dispiacere è non venire con te”, non perché abbia voglia di morire, ma perché vivere cosí è veramente desiderabile.

Julián: ma che voglia di morire!

Letizia: a questo ancora non sono arrivata…

Julián: Va bene, arriverá, non ti preoccupare, piú cresce l’affezione a Cristo, come succede con san Paolo, hce preferirebbe andare con Cristo, il meglio che possa succedere.

Letizia: io devo dire che comunque io l’ho avuto il miracolo in questa vicenda, una guarigione, perché vedo che è cambiato il mio modo di guardarmi, la coscienza che ho di me, il valore della mia persona. Non è che ho visto cambiarmi tante situazioni intorno a me, anzi, alcune mi sembra che siano anche un po’ peggiorate, per certi versi, per’o io sono certa che per Cristo sono preziosa e vado bene così e non devo aggiungere altro, solo stimare Colui che mi viene incontro. Insomma, io sono contenta e non dipendo piú dal giudizio degli altri, fosse anche il capo della comunitá o mio marito. Sono certa perché quello che sto vivendo non me lo puó togliere nessuno e non ho bisogno di altro per vivere. 31.48

Julián: ti ringrazio, perché è questo che mi piacerebbe che ciascuno potesse dire di sé: sei preziosa ai miei occhi. E capiti quello che capiti non ti abbandoneró mai, e poi mai. E questqa affermazione è lo aguardo con cui ogni volta Cristo ci guarda, non importa cosa abbiamo fatto, che cosa non siamo in grado di fare, tutte le nostre paturnie… non cambia niente. Penso sempre a una madre, il cui figlio puó fare tutte le stupidaggini, provocare tutte le arrabbiature, incaponirsi con tante cose, ma non puó cancellare le sue viscere di madre. Se noi che siamo cattivi, dice Gesú, non riusciamo a guardare i nostri figli se non così, immaginate Dio con che sguardo ci guarda. E questo è così scandaloso che davanti a questo sguardo pieno di tenerezza, di misericordia, per gli uomini è quasi uno scandalo, tanto è vero che Lui ha dovuto dire le parabole di misericordia per rispondere a questo scandalo di preferire i pubblicani e i peccatori. Quindi questo è lo sguardo: non esiste piú un mondo dopo Gesú, con la comunitá cristiana che continuamente ce lo ricorda, ce lo ricorda la liturgia, le Lodi, che possa cancellare dalla vita questo sguardo su di noi. Per questo io mi auguro che tutti possiamo fare questa strada che tu dici, di presa di coscienza di sé, che è la ragione per cui noi siamo stati trascinati da don Giussani, perché don Giussani, l’unica cosa che lui ha voluto trasmetterci con la Grazia, con il carisma che ha ricevuto, è questa preziositá della nostra vita, questa stima senza confini della nostra vita. E quindi non c’è un regalo piú grande che abbiamo potuto ricevere di questo, perché questo vale in qualsiasi situazione, con qualsiasi sguardo con cui mi guardano gli altri, la situazione che attraverso, le sensazioni che provo, le paturnie che mi vengono, tutto questo non è in grado di spostare di un millimetro questo sguardo pieno di preferenza di Cristo su di noi. E questo è quello che mi piacerebbe, che potessimo guardarci così. Questo è come tu dici una strada, perché non è immediato. Grazie a Dio, perché non voglio che diventi meccanico, come uno quando si sente dire dalla persona amata “Ti voglio bene” e dice “Lo so giá”, questo è come dare per scontato che non si sorprende come il primo giorno che te l’ha detto. Invece doverlo riconoscere ogni mattina, poterlo riconoscere liberamente ogni mattina è un’altra roba, che una ripetizione pur formale delle cose. Grazie Letizia. 36.16

Rosa: siccome hai toccato un tasto molto caro alla nostra amica Alejandra, metto lei un attimo.

Julián: è sparita!

Alejandra: Hola Julián, te había escrito en español, per he traducido porque si no ellos no lo entendían. Carissimo Julián, prima di tutto ringrazio il tuo sì, perché io imparo vedendoti vivere, non solo per quello che dici, ma per esempio vedendo il tuo sorriso, il tuo desiderio di obbedire, in un momento, hai detto alle Memores, in cui uno avrebbe voglia di gridare a qualcuno. La mia domanda è molto concreta. Le metastasi dei polmoni sono ripartite a crescere e adesso sono giá le più grandi, 11 per 14 centimentri, non millimetri, e l’altro 7 per 9 centimetri, ma da sempre, dopo che tu mi hai parlato, oltre a chiedere il miracolo a Giussani, io gli dicevo al Signore: “Signore, Julián ha detto ‘Io verrei con te adesso’. Allora, fammi desiderare di andare con Te”. Perché quando tu dicevi: “Qual è il problema? Io verrei con te adesso”, mi ricordo che, visto che devo andare, mi sento colpevole perché il poverino Signore mi sta chiamando e io ho fatto una brutta figura che io non voglio morire, che non voglio andare, e vorrei stare come dici tu, che hai detto adesso a Letizia, ma cosa posso fare? E volevo chiederti come tu sei arrivato a questo essere felice di morire, come adesso l’hai detto a Letizia. E grazie Julián, prego e offro per te e per il Movimento. Ti abbraccio forte.

Julián: Grazie, Alessandra. Tu di questo non ti devi preoccupare, perché questo è una sorpresa. Dobbiamo preoccuparci solo di una cosa, di lasciarci guardare con lo sguardo con cui Cristo ci guarda. Perché non è uno sforzo nostro: il frutto cristiano è una sorpresa. E io sono il primo a essermi sorpreso, quando, davanti alla salma del mio papá, vorrei essere andato anche io. O davanti alla morte di un amico prete, qui in Italia, don Danilo, che è una delle prime volte che mi veniva da dire queste cose, di cui io ero il primo a sorprendermi. Per questo tu non ti preoccupare di questo. Tu vivi, lascialo entrare in continuazione, quando ti viene la voglia di Lui, della sua presenza, perché questo è quello a cui don Giussani ci ha introdotto: non a guardare agli sbagli, non a guardare quello che manca. Non c’è cosa piú bella di questo sguardo che don Giussani descrive nel sì di Pietro: a un certo punto prevale la Sua presenza, piú che i nostri limiti. Fino al punto di dire delle cose che sempre mi fanno sobbalzare: “Tutta la mia preferenza umana è per te, Cristo”. E questo lo diceva di uno come Pietro che aveva fatto l’ultimo grande sbaglio, negarlo davanti a tutti. Ma questo per noi è quasi impossibile pensare che possano stare insieme uno sbaglio così enorme e il dire: “Non so neanche io come, perché, come stanno insieme queste cose, ma tutta la mia simpatia umana è per Te”. Tutto il resto arriverá quando Dio vorrá. Ancora ti vuol fare sentire la preferenza qui: che differenza c’è? La vita eterna è cominciata giá qua. “Che ti conoscano a te, unico vero Dio, e al Tuo inviato Gesú Cristo”. 41.35 Tu giá stai partecipando della vita eterna qui, ora, per come tu stai vivendo questo. Uno puó giá vivere quello che io desidero in un modo, tu lo stai vivendo in un altro. Tu puoi aspettare, il Mistero ti dá ancora da aspettare. Non ti porta con sé, no? Forse quando arrivi ri renderai conto che ti perdevi il meglio, perchè il meglio è stare con lui. Intanto goditela. Grazie, carissima. 42.25

Piero: Buonasera a tutti, buonasera grazie don Julián.

Julián: Buonasera Piero, come stai?

Piero: Piú o meno bene. Anch’io vorrei testimoniarti la mia esperienza all’interno di questo gruppo dei Quadratini che è guidato da don Eugenio e organizzato con tanta cura da Rosa. Io ho iniziato a parteciparvi a metá maggio di quest’anno quando ho scoperto tramite una mia amica l’esistenza di questo luogo. In quei giorni stavo molto male, davvero molto male, avevo dolori che mi facevano pensare ad una fine imminente. E così ho avuto davvero paura perché il primo pensiero che si è affacciato nella mia mente è che io – pensa che roba assurda – non sarei mai stato capace di morire, come se la cosa dovesse dipendere da me, dalle mie capacitá. Poi piano piano mi sono reso conto dell’assurditá del mio pensiero e cosí poco alla volta ho cominciato a incontrare via zoom le persone, facce vere, ma sofferenti, sofferenti ma vere, e ho compreso quale grande dono mi avesse fatto il Signore. Così mi sto preparando a percorrere l’ultimo tratto della mia vita per andare da Lui, insieme a tanti fratelli e sorelle che sperimentano la sofferenza della malattia e non solo, ma che si sono affidati completamente a Gesú, spesso con una tenerezza infinita e questo, si capisce, non è solo un modo di dire. Essere insieme a vivere l’Eucaristia, anche se con una prospettiva temporale di breve respiro, mi fa pensare e desiderare di incontrare Gesú. Si, proprio Colui che ci ha promesso la vita eterna in Paradiso. E così penso che sará una nuova nascita, una nuova consistenza del mio essere, che giá ora, forse in piccola misura, sto sperimentando uslla terra, non in attesa della morte, ma in attesa di attraversare la porta stretta, cioé l’ultimo atto concreto della mia vita. Avere del tempo per prepararmi mi sembra come una forma di adattamento progressivo allo stupore, alla bellezza, alla compagnia senza compromessi, al bisogno di felicitá e di tenerezza, al mistero. Tutte esperienze che in questo luogo è giá possibile respirare, attraverso la santa Messa e dopo nel dialogo con don Eugenio, aiutati dalla delicatezza di Rosa, che conosce e accompagna le nostre piccole e fragili storie, peró sorrette da una profonda educazione a guardare Cristo, generata da don Giussani e dal tuo prezioso insegnamento. Un grande abbraccio. 45.55

Julián: Grazie, carissimo Piero. Questo che dici è stupefacente, perché noi partiamo sempre by default, per difetto quasi, partendo dalle nostre capacità. E quando ci troviamo davanti a un dono, come tu dicevi, prevale il dono sulle nostre capacitá. E allora si sposta l’attenzione da quello che noi riusciamo piú o meno a fare, che è poco, lo vediamo tutti noi, a essere determinati dal dono che riceviamo, e allora è come se prendesse il sopravvento questo dono e giá siamo piú determinati dal dono che da quello che siamo in grado di fare. E questo dono è così unico che tanto piú uno si rende conto che il dono è la Sua presenza, non è un regalo che ci fa, no, è Lui, Lui stesso il dono, la Sua presenza, la Sua persona, è allora che uno comincia come tu dici a affidarsi, pieno di tenerezza. E questo che hai descritto è l’educazione a cui don Giussani ci ha introdotto, e io non ho altro testoro da condividere con voi che questo tesoro che io imparo e desidero continuare a imparare fino a che campo, da don Giussani. Perché non ho altro di più interessante da fare nella vita che non sia questo. Non posso immaginare cosa piú strepitosa che imparare a vivere con gratitudine e stupore, come dicevi, questo dono. Tutto il resto mi sembra poco, come diceva Leopardi, a me piace da morire: “È poco e piccino per la capacitá dell’animo”, rispetto a quanto desideriamo! Per questo è come avere vinto l’Enalotto, è il tesoro del Vangelo. Chi ha trovato il dono di Dio nella Sua presenza vive di questo tesoro, vive della gratitudine per questo tesoro. Per questo è difficile quando uno prende coscienza di questo non essere grato, lieto e grato, qualsiasi cosa succeda nella vita, perché niente è comparabile a Lui. Grazie. 49.11

Paola: Grazie don Carrón di essere con noi. Leggo perché voglio essere breve. L’altra mattina mi sono alzata con un gran mal di schiena, peró quella mattina è stata tutta fatta di commozione e di gratitudine. Perché? Perché questa cosa improvvisa di dolore forte, erano giorni che non l’avevo, mi ha fatto come recalcitrare un po’, e poi mi sono detta: “non è questo il modo” e ho offerto a Gesú, per voi, per tutti i imalati e per tutti quelli che hanno bisogno, la sofferenza che avevo in quel momento lì. Dopo di che, le Lodi mi hanno detto che il Signore mi ha preso per mano e mi prende per mano, e per continuare a percepire e vedere la Sua presenza, ho cercato su YouTube la trasmissione che han fatto su noi malati. Per caso dopo ho visto la giornata di inizio anno di Comunione e Liberazione di Reggio Emilia, che è stata anni fa con don nembrini, il quale alla domanda “Come vivere intensamente il reale?”, ha risposto in sintesi così: “Il reale è quella cosa che ti fa venire su il buco del tuo grande desiderio, e chiedere al Signore che lo compie. Questa è la mia commozione e la mia gratitudine”. Volevo chiederti, anche se in parte hai giá dato delle risposte, cosa aiuta a che la memoria del Signore presente sia continua? Tu, come fai? 51.12.

Julián: il buco! Quello che aiuta di piú a vivere la memoria di Cristo è il buco che noi abbiamo del desiderio di una pienezza, perché il Signore ci ha fatto per Lui, e il nostro cuore sará inquieto fin quando non riposa in Lui, per questo niente ci aiuta di piú a desiderare Lui, a vivere della sua memoria, di quello che succede nel reale, della fame, della sete. Cosa ha fatto desiderare l’acqua alla Samaritana? La sua sete, che non si era soddisfatta neanche con tutti i mariti che aveva avuti. La sete di compimento solo ha trovato risposta in Lui. Cosa ha fatto scattare il desiderio di tornare a casa al figliol prodigo? Le carrube, che non bastavano, le carrube erano troppo poco per rispondere a questo. Non è che si è bastonato, ha detto “adesso devo tornare a casa”, si è fatto la mortificazione… no, quella consapevolezza vera di sé è quello che gli ha fatto pulire tutta la valanga di immagine di compimento che aveva, che si erano giá dimostrate fallimentari, per spalancare lo sguardo all’unico che compie. E questo non l’ha fatto, vedete, perché si è fermato lì a bastonarsi o a pensare, no! É la vita che urge, per questo solo abbiamo bisogno di questa lealtá con il nostro umano, perché il nostro umano è talmente costituito da questo desiderio che grida costantemente il bisogno di un compimento. Non c’è altro che ridesta di piú questo oltre che la memoria, il fatto che succede. Perché anche per te, che cosa ti fa desiderare l’acqua? La sete. Cosa ti fa desiderare mangiare? La fame. Ma come vediamo adesso non è scontato, perché ci sono tante malattie perché la gente non ha fame. Per noi avere fame è un problema, invece avere la fame è essere sani, è avere il desiderio di una pienezza che per tanti, quando questo non ce l’hanno, veramente la vita diventa insopportabile.

E invece, che noi possiamo guardare la nostra fame, la nostra sete, così, la nostra umanitá così desiderosa così, questo è uno dei regali che a me ha fatto don Giussani, quando diceva: “Ma che umana è la mia umanitá!”. Invece che essere arrabbiato con la mia umanitá perchè desidera, è cominciare a guardarla con questa tenerezza, con cui la guardava lui. 55.09, perché lì ha trovato come la crepa che gli ha fatto cercare Cristo. Per questo mi stupisce tanto, lo ripeto spesso, il fatto che Giussani per un anno, quando aveva 13 anni, ha vissuto solo leggendo Leopardi. Leopardi, con questa sua umanitá: “tutto è poco e piccino per la capacitá dell’animo”! E questo era l’unico in cui poteva sentire vibrare tutto l’umano di un ragazzino di 13 anni, e questo paradossalmente, che potrebbe essere un problema, è quello che l’ha fatto sentire, e ci ha fatto sentire a noi così cruciale, per la vita, Cristo. Quando è entrato uno a lezione dicendo: “La veritá, la bellezza, la giustizia che noi cerchiamo è diventata carne!”. Da quel giorno, dice Giussani, l’istante si è riempito di una densitá senza paragone. Cioé, è questo incontro costante tra la nostra umanitá cosí desiderosa, come il mistero ce l’ha fatta, che ce l’ha fatta così perché voleva riempirla di Lui, e questa per me è una delle cose più belle che ci ha dato Cristo attraverso don Giussani. Poter guardare la nostra umanità così, con questa tenerezza unica a cui Lui rispondeva con la sua venuta, e continua a venire a noi per riempirci il nostro cuore se uno, come diceva Piero, si apre, quando uno si affida, Lo lascia entrare e allora dà l’opportunità a Cristo di essere Cristo per noi. “Venite a me tutti quelli che siete assetati e io vi darò ristoro”: questo è Cristo. E quindi la fame e la sete sono l’unica modalità di non sentire Cristo in modo formale. Tanti parlano di Cristo, ma non si muove neanche una briciola delle sue pieghe: ma questo non è Cristo! Cristo è quella presenza che fa sobbalzare come succede a Elisabetta. Quando entra la Madonna in casa di Elisabetta, la madonna che portava giá il bambino nel grembo, e fa sussultare Giovanni Battista nel gremo di Elisabetta. Questo è Cristo: se non è un sussulto, è una formalità la parola Cristo, non è una presenza che fa scattare questo sussulto. Come dicevano gli apostoli, quei due che tornavano: “Ma non ardeva il nostro cuore mentre ci parlava per la strada?”. Cristo è tutto il contrario di una parola vuota, e questo lo possiamo capire solo se abbiamo un’umanità, possiamo vedere Cristo e sussultare, perché i sassi, lo dico sempre, non si stupiscono della bellezza delle montagne, non sussultano! Possono stare davanti a uno spettacolo prezioso, ma non sussultano. Solo può sussultare l’uomo, per questa sua umanità che il Mistero gli ha dato per riempirla di lui. Quindi niente è più amica di Cristo che la nostra umanità.

Paola: grazie, grazie di cuore.

Rosa: ti leggo l’intervento di un’amica Quadratina che non vuole parlare, non so se per l’emozione e mi ha scritto quello che vorrebbe dirti.

Ciao, mi chiamo Laura, e nella mia vita ho due grandi dolori: la malattia autoimmune cronica sistemica, da 19 anni, e la malattia psichiatrica di mio fratello, che è iniziata quando aveva 20 anni circa, e si è suicidato a 35 anni, 11 anni fa. I miei genitori non si sono mai ripresi, e non sanno che anche mio fratello più grande ha problemi. Questi due dolori sono le cose più care che ho, perché mi riempiono 1.00.54 di domande che io rivolgo a Dio. Io non ho dubbi, io ho domande. Quando ho avuto il Covid, una mia amica mi ha inserito in questo gruppo, CL Quadratini, e io ho pensato che riguardasse solo la malatti fisica, ma come è accaduto quando ho incontrato il Movimento, che io pensavo riguardasse solo un pezzettino della mia vita, e invece, anche qui con mia enorme sorpresa Dio è entrato nelle pieghe piu profonde dell’intimo del mio cuore. Le messe quotidiane, i volti di chi partecipa, i silenzi rispettosi, le amicizie vere che nascono, piano piano hanno trasformato il dolore da lancinante a pacifico, hanno conciliato la disponibilitá di cuore a ciò che Dio mi chiede anche quando non è quello che vorrei. Io chiedevo che mio fratello guarisse, ed è morto, ma la sua morte ha portato a un incremento in me di vita inaudito ed impensabile. Ma questo è un’altra storia. Ciao, Laura.

Julián: carissima Laura, anche una cosa così misteriosa come quella che racconti tu, come avremmo potuto guardarla, essere in grado di guardarla, carissima Laura, senza Cristo? Capito? Come potresti guardare tuo fratello senza giudicarlo per questo gesto misterioso? Ma noi giá non possiamo strapparci dagli occhi, da ogni fibra del nostro essere, la presenza che è entrata nella vita. Non sai come raggiungerá ciascuno di voi Cristo, ma a te ti ha raggiunto e continua a raggiungerti come raggiungerà i tuoi fratelli, i tuoi genitori. Te lo dà a te perché attraverso di te arrivi anche a loro. Siamo cosi, noi poveracci ma tutti determinati da quel dono, perché quando noi riceviamo questo dono è anche per tutti coloro che ci circondano, in questo caso i tuoi genitori. Per questo, se tu lasci entrare Gesù ogni volta, nei tuoi pensier, quando ti senti disperata con le tue domande, le tue domande ti servono come strada per aprire la crepa, per aprire un varco per entrare in rapporto con Lui, allora tutto diventa diverso. È facile, Laura, è facile, perché più urge la vita, come vediamo nei bambini, più hanno paura, più corrono dalla mamma, non è che si bloccano lì a pensare a tutte le paturnie che gli vengono nella testa. Hanno fame? Cosa fanno, pensare? Corrono dalla mamma. Hanno una preoccupazione? Corrono a condividerla con la mamma. Per questo leggevamo in questi giorni nel Vangelo che quando i discepoli erano tutti preoccupati che i bambini non disturbassero Gesù, perché Gesù aveva altre cose più importanti da fare, secondo i discepoli, che prendersi cura dei bambini, Gesù li corregge, e dice: “Lasciate che i bambini vengano da me”. Perché chi è come loro, chi ha questa semplicità come loro di questi, che si affidano così, che si aprono così, che non interpongono niente tra il loro bisogno e il cercare la mamma, di questi è il regno dei Cieli. Per questi comincia una vita nuova, come hai visto che è cominciata in te. E così, attraverso di te, potrà arrivare ai tuoi genitori, perché si chiederanno come Laura può vivere così, se non è per quello che le è capitato. E così moriranno di invidia di vedere come tu la vivi questa situazione e che speranza gli trasmetti vivendo con il tuo sì, semplice come quello di un bambino. Non abbiamo altro più interessante da fare nella vita di questo. Il resto lo fa lui, non dobbiamo farlo noi, non devi farlo te, basta il tuo sì che risplende nella tua faccia, per te, e per loro, e per noi. Grazie. 1.07.00

Don Eugenio: Adesso parlo, intervengo io. È chiaro per come sono fatto io che io resterei qui fino a domani, perché quando sei con Gesú e con degli amici, facciamo le tre tende, ve la ricordate, no? Facciamo tre tende e stiamo qui. Ma non lo possiamo fare!

Julián: possiamo farlo continuamente perché sempre siamo con Gesù.

Don Eugenio: Perfetto! È stupendo! Non è un di meno se dobbiamo a un certo punto chiudere, percé la cosa più grande, ce lo siamo raccontati anche oggi, è la compagnia di Cristo alla vita là nella circostanza che il Signore mi dà, quindi questo è stupendo. Allora Rosa hai la responsabilità, visto che ci sono una marea di manine alzate, di scegliere tu l’ultimo, e poi concludiamo. Quindi Rosa devi decidere tu chi è l’ultimo.

Rosa: no, non me la sento… Dai, Maria Silvia. 1.08.15

Maria Silvia: Che responsabilitá che mi hai dato!

Julián:: Goditela!

Maria Silvia: Dico una cosa molto semplice. Adesso ho poco fiato, sono anche emozionata per cui non ce la faccio. Sono stata operata ai polmoni per cui come potete sentire non ho fiato. Mi hanno scoperto il tumore in gennaio, mi hanno operata a marzo, adesso sto facendo la chemio, insomma tante cose. In questi giorni, la cosa proprio bella che mi veniva da dirvi, l’avete giá accennata, se non detta, è questa. una settimana fa è venuta a trovarmi la mia amica Fiorenza dall’estero e mi faceva vedere le sue foto, e mi ha detto: “poi guarda, c’è il deserto che è bellissimo, un’esperienza incredibile, come mi verrai a trovare ti ci porto”. E io le ho detto: “no, guarda, grazie, ho smesso”. Proprio a me il deserto mi terrorizza proprio per la sua non fisicità, è una cosa che cambia continuamente e mi terrorizza. Ma il giorno dopo, non era un caso, a Messa la prima lettura era il profeta Osea che dice: “io ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore”. Poi dopo don Eugenio ha fatto anche la predice. Lì è avvenuto proprio un ribaltamento, perché quello che per me era la cosa meno desiderabile e meno attraente, io vado sott’acqua, perciò io adoro l’acqua, all’improvviso è diventata un’esperienza desiderabile, un’estrema bellezza, tanto è vero che in quel momento ho mandato un messaggio a Fiorenza e le ho detto: “Vengo con te nel deserto”. E questo poi, cosa è successo, che proprio in questi ultimi giorni c’è stato sempre un continuo ribaltamento di quelli che erano i miei buoni propositi. Io non facccio progetti fuori dal normale come voler andare sulla luna, magari ho anche dei buoni propositi come quello di andare alla vacanza di Rimini, che mi è saltata a causa della chemioterapia, quindi lui mi ha proprio ribaltato, scombussolato tantissimi progetti,Lui con la L maiuscola. E io in questo ho visto proprio come in questi ultimi giorni questo continuo ribaltamento e un sentirmi dire: “Stai con me. Lascia che sia io a condurti verso il tuo compimento. Stai alla realtà, sono io, non sfuggire il mio abbraccio”. Ogni volta mi rimetteva lì, e io adesso lo dico così, sono un po’ poetica, però lo sento veramente vera. Lui mi ha ritrovata, come il Figliol Prodigo sono ritornata, Lui mi ha abbracciato e adesso mi vuole con sè, e tiene proprio tanto a me, fa di tutto perché io non risfugga di nuovo. C’era una cosa che ha detto don Pigi alla vacanza che mi hanno fatto sapere che diceva: “Dio ci ama così tanto da farsi male pur di stringerci a sé”.

Julián: Grazie! Mi viene in mente sentendoti questa frase di Giussani: “Perché affannarsi, se è così facile obbedire?”, affidarsi, come tu. Uno si affanna in tanti modi ma alla fine, vedi, viene il giorno dopo e ti ribalta il deserto in una cosa desiderabile. Non per il deserto, ma perché il deserto è il luogo dove Lui ti può parlare senza che ti distragga niente. Allora per questo ti vuol portare nel deserto, non perché il deserto sia chissà che cosa, ma semplicemente perché uno non abbia altre distrazioni e possa veramente rendersi conto della straordinarietá della Sua presenza, del dono che è Lui, che può riempire la vita e cambiare il deserto in un luogo di vita, quest’immagine potentissima dei profeti! Quello che è arido, senz’acqua, dove sembra che niente possa nascere e niente può far venire fuori vita, può diventare con la sua presenza un luogo di vita, che è un’immagine bellissima per i nostri deserti, perché ciascuno può vedere il proprio deserto. Il deserto può essere non potere andare in vacanza, può essere non potere andare al mare, può essere non poter compiere un desiderio che uno ha, il deserto puó essere l’aridità con cui uno vive certi momenti… il deserto può essere tutto il quotidiano, non è il deserto fisico, ma come abbiamo visto nelle testimonianze di questa sera ancora, Lui è in grado di cambiare il deserto in questo luogo di vita, persino una malattia, persino una situazione che uno non desiderebbe. E questa è quella grazia che significa Cristo. Questo testimoniamocelo gli uni agli altri, perché non possiamo condividere con gli altri un tesoro più bello e più significativo per qualsiasi deserto che non la Sua presenza, che Lui ci ha fatto conoscere e che diventa sempre più cara per ciascuno di noi. Grazie amici!

Rosa: siccome tra testimonianze e domande erano almeno una ventina ancora, mi permetto di chiedere a don Julián se possiamo ritrovarci.

Don Eugenio: Ci proviamo! Ricordati chi ha parlato peró! Ringraziamo Julián, perché è facile anche ringraziare Julián, ma a me stasera mi viene da ringraziarvi uno a uno, perché qui il Mistero è così carnale, è così presente misteriosamente in ogni circostanza, in ogni situazione, e anzi mi vien da dire se adesso terminiamo con un Ave Maria alla Madonna. Guardando anche tutti i Quadratini voglio anche affidare chi tra noi fa più fatica, chi non può parlare, e ce ne sono tanti, chi magari può parlare solo con gli occhi. Affidiamo proprio anche chi oltre a avere la malattia ha anche il sacrificio di non poter esprimere quello che vuol dire, perché Dio ti ha tolto la voce, è tanta roba, ma quel deserto che si diceva adesso che è la vita quotidiana, la circostanza quotidiana impressionante, è il luogo in cui Dio ci dice: “Lì è il luogo in cui voglio parlare al tuo cuore”. Quindi ringraziamo Dio che non ci abbandona, ringraziamo Gesù che ci vuol bene così come siamo e chiediamo che l’amicizia tra di noi sia sempre così radicale, così innamorata della presenza di Gesù che anche tra noi si può dire che diventiamo e siamo amici. Ave Maria

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