Carismi, anch’essi essenziali

Editorial · Fernando de Haro
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16 julio 2025
Leone XIV riprese così un'espressione usata per la prima volta da Giovanni Paolo II: «i doni gerarchici e i doni carismatici «sono coessenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù»».

Si è andati troppo oltre nel controllo dei carismi all’interno della Chiesa. La crisi degli abusi degli ultimi vent’anni ha fatto sì che essi abbiano sofferto molto, essendo stati sottoposti a controlli infiniti. E ci sono stati veri e propri disastri. Mancano ancora strumenti nel diritto canonico e nella riflessione teologica più flessibili per accogliere in modo adeguato le realtà nate dai carismi. È necessario istituzionalizzarli, ma le istituzioni devono essere al servizio della comunità e non il contrario.

Queste sono alcune delle affermazioni forti e sincere che il cardinale emerito Marc Ouellet ha fatto qualche giorno fa alla presentazione del suo libro “Parola, sacramento, carisma. Chiesa sinodale rischi e opportunità” (Cantagalli) organizzata dall’Associazione Newman. Il canadese, senza dirlo esplicitamente, ha suggerito che, come tante altre cose nella storia della Chiesa, la valutazione dei “nuovi movimenti” non ha seguito una linea di progresso continuo. Dopo l’accoglienza positiva degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, il contesto ecclesiale, alcune incomprensioni e le difficoltà di istituzionalizzazione hanno provocato delle battute d’arresto. Per questo Oullet ha fatto appello ai carismi affinché obbediscano alla gerarchia ma anche al dono ricevuto. Il canadese ha sottolineato che quando la gerarchia non capisce, non bisogna abbandonare subito la battaglia per difendere quel dono.

Le difficoltà per una corretta accoglienza dei carismi erano già state segnalate nella lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede Iuvenescit Ecclesia (2016). Si tratta del documento di riferimento su questo tema reso pubblico durante il pontificato di Francesco. Nel testo si mette in guardia dal rischio che «la realtà carismatica si concepisca parallelamente alla vita ecclesiale e non in un ordinato riferimento ai doni gerarchici». E allo stesso tempo si sottolinea che bisogna evitare «forzature giuridiche che mortifichino la novità di cui l’esperienza specifica è portatrice. In questo modo si eviterà che i vari carismi possano essere considerati come una risorsa indifferenziata all’interno della Chiesa».

Le osservazioni di Marc Ouellet sono il frutto di una riflessione molto personale: materiale per aprire un dialogo. Arrivano dopo il primo grande pronunciamento di Leone XIV sui carismi, il 6 giugno, alla vigilia di Pentecoste. In quel discorso ha mostrato la sua stima per i carismi grazie ai quali «tante persone si sono avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa e desiderano essere aiutate a crescere nella fede».

Il Papa, sulla scia della Iuvenescit Ecclesia, non ha considerato i carismi «risorsa indifferenziata all’interno della Chiesa». E ha sottolineato che «le realtà aggregative a cui appartenete sono molto diverse tra loro, per natura e per storia, e tutte sono importanti per la Chiesa». Le associazioni “sono nate per condividere uno scopo apostolico, caritativo, di culto, o per sostenere la testimonianza cristiana in ambienti sociali specifici”. I carismi, “invece, hanno preso origine da un’ispirazione carismatica, un carisma iniziale che ha dato vita a un movimento, a una nuova forma di spiritualità e di evangelizzazione”. È una distinzione importante perché potrebbe essere interpretata nel senso che le associazioni di laici non richiedono una comprensione e un trattamento diversi da quelli che derivano dall’attività pastorale dell’istituzione gerarchica. Potrebbe essere interpretato nel senso che le associazioni di laici non richiedono una comprensione e un trattamento diversi da quelli che derivano dall’attività pastorale promossa dall’istituzione gerarchica. E che i carismi invece lo richiedono.

Nelle associazioni si condivide un obiettivo particolare, tuttavia «Dio suscita i carismi, perché questi risveglino nei cuori il desiderio dell’incontro con Cristo, la sete della vita divina che Lui ci offre, in una parola, la grazia!». E questi carismi sono essenziali per la Chiesa come la gerarchia.

Leone XIV riprese così un’espressione usata per la prima volta da Giovanni Paolo II: «i doni gerarchici e i doni carismatici «sono coessenziali alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù»».

Cosa significa che carisma e istituzione sono «coessenziali»? Non sono la stessa cosa.

La gerarchia ecclesiastica garantisce il carattere oggettivo della grazia attraverso i sacramenti, mentre i carismi sono dati dallo Spirito Santo affinché la grazia porti frutto.

Il Papa, dopo aver ringraziato i movimenti e aver precisato il loro ruolo diverso, ha invitato i carismi a collaborare con il suo ministero di successore di Pietro in due priorità: l’unità e la missione. Da dove nasce l’unità? Leone XIV è stato chiaro: l’unità nasce dall’attrazione che esercita Cristo: Lui ci attrae, ci attrae a sé e così ci unisce anche fra noi. L’unità non è fatta di regole disciplinari, di progetti politici o di conservare ciò che un tempo era bello. È possibile solo se il Capo ci attrae.

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